Dopo aver descritto la qualificazione dogmatica dell’istituto del reato continuato in relazione alla unità o pluralità di reati, ci si soffermi sul rapporto che intercorre tra esso e l’aggravante della connessione teleologica.
Ambito codicistico della figura, titolo III capo III del concorso dei reati, come figura derogatoria al cumulo materiale: il nomen sembra già risolvere la questione dogmatica ma ingannevolmente perché il capo comprende figure che incidono sul trattamento sanzionatorio senza che ricorra il fenomeno della presenza di più reati (abberrationes monolesive, reato complesso nella sua accezione stretta).
Disciplina del cumulo giuridico come per concorso formale oggi caratterizzata dall’unico cemento dello stesso disegno criminoso; visto che unità e pluralità di reati sono scelte di appannaggio del legislatore (reato permanente, abituale) ci si chiede se non rientri nella figura dei reati di durata in senso lato e se non sia una figura autonoma di reato caratterizzata dal medesimo disegno criminoso, come sembrerebbe interpretando il nomen.
Vecchio testo con disciplina previgente “le diverse violazioni si considerano un solo reato” che faceva dire che si trattava di unità reale o naturale, occorre visualizzare le normative dei singoli istituti per rispondere alla domanda.
Art. 158 prescrizione, tesi favorevole all’unità forse il più forte referente perché mutando il dies a quo per calcolare la prescrizione dimostra quasi che il singolo reato perde autonomia; però la dottrina ritiene che ogni reato da quel giorno richieda un autonomo calcolo per la prescrizione che in senso contrario non si vede rispetto a quale reato dovrebbe essere parametrata.
Amnistia propria, il reato estinto non è computato nel calcolo della pena.
Amnistia impropria, d.P.R. 12/4/90’ n. 75 art 4 lett. b, prevede che il giudice dell’esecuzione calcoli pena da detrarre rispetto al reato amnistiato.
Indulto, tesi che ritiene debba applicarsi al reato continuato con detrazione dal totale, tesi che ritiene doversi cancellare o commutare la pena indulgenziata e calcolare ex novo la pena finale.
Per gli istituti connessi al trattamento sanzionatorio in ordine alla premialità, si considera fattispecie unica, con possibilità per il giudice dell’esecuzione di rilevare la continuazione e calcolare la nuova pena.
Ai fini dell’imputabilità concezione pluralistica, anche se alcuni ritengono non applicabile l’attenuante di cui all’art. 98 se alcuni fatti sono compiuti da maggiorenni.
Ai fini dell’abitualità, professionalità, si sostiene che debba valere la concezione unitaria, ma contro si dice che il cumulo giuridico non annulla proiezioni in ordine alla pericolosità per cui si dovrebbe considerare pluralisticamente.
Si può affermare che si tratti di una figura con valenze quoad poenam che per il resto debba valere l’autonomia delle figure o, secondo alcuni, una scelta tra le due possibilità a in relazione alla maggior favorevolezza per il reo.
Compatibilità tra continuazione e aggravante teleologica, secondo alcuni dal 74’tacitamente abrogata per impossibilità che lo stesso concetto possa rilevare in due sensi opposti.
Tesi giurisprudenziale, è aggravante del singolo reato mezzo, anche se il fine non è commesso o non è punibile o è solo tentato si applica e qui non vi sarebbe contraddizione; critica, si giungerebbe ad un trattamento più aspro proprio nel caso in cui c’è un gap di punibilità o di gravità rispetto al continuato; concezione intellettuale della continuazione, se manca rappresentazione iniziale non si applica la figura del reato continuato e scatta l’aggravante, in caso contrario viceversa; se si accetta la tesi teleologica non si può fare questo discorso; forte attendibilità della tesi che ritiene la abrogazione .