Premessi brevi cenni sull’offensività in diritto penale, ci si soffermi sulla rilevanza del falso innocuo, grossolano, consentito con particolare riguardo alla autorizzazione ad scribendum.
L’offensività in diritto penale, per chi accede alla tesi che si tratta di un requisito necessario per l’esistenza del reato, aderendo alla concezione realistica dello stesso, se si ricostruisce la categoria come recante fattispecie plurioffensive, è necessario constatare, oltre alla corrispondenza tra fattispecie astratta e concreta, che l’interesse sotteso dietro l’oggetto della fede pubblico sia stato quantomeno messo in pericolo; il falso grossolano è quello che per la modalità della falsificazione non è assolutamente in grado di ingannare: per tanto, mancando l’offensività, a norma dell’art. 48 c.p. il reato è impossibile per inidoneità della condotta e non punibile, anzi, non sussistente come tale ma, al più, come quasi reato e suscettibile, in caso di riscontro della pericolosità dell’autore della condotta, di misura di sicurezza; il falso innocuo, al contrario, è idoneo ad ingannare ma non è teso alla lesione degli interessi che si vogliono tutelare con la norma penale; anche in questo caso manca l’offensività e il reato non sussiste; il falso consentito, riguarda la c.d. autorizzazione ad scribendum, ossia alla falsificazione della propria firma; secondo una tesi il consenso sarebbe irrilevante in quanto il bene della fede pubblica non è nella titolarità del soggetto autorizzante e quindi manca la disponibilità del diritto richiesta per l’applicazione della scriminante di cui all’art. 50 c.p.; questa ricostruzione è riferibile anche al falso in scrittura privata di cui all’art. 485 in quanto il vantaggio per l’autore del reato, richiesto come elemento della fattispecie sarebbe rappresento dal non dovere attendere colui il quale dovrebbe effettuare la sottoscrizione; altri autori ritengono lecito il fatto solo nella scrittura privata in considerazione della disponibilità degli interessi e della non riscontrabilità del dolo di falso inteso come consapevolezza di porre in pericolo la genuinità della prova né, tantomeno, del dolo specifico nelle fattispecie nelle quali esso è.