La natura giuridica delle autorità indipendenti, compatibilità con il sistema costituzionale e limiti al sindacato giurisdizionale per il concorso in magistratura.

La figura delle autorità indipendenti è assolutamente nuova nell’esperienza giuridica italiana. Corso di preparazione concorso in magistratura.

La figura delle autorità indipendenti nasce con il nome di “agenzia” negli Stati Uniti d’America come argine al liberismo in un ordinamento connotato dal sistema del common law, al fine di tutelare i soggetti deboli in vari settori di mercato.

In Europa dove, in maniera diversa, gli ordinamenti pur di cultura capitalistica prevedono un intervento del pubblico nell’economia, l’esigenza di dar vita a tali figure nasce nel momento in cui, per ragioni di bilancio, si assiste ad una recessione di tali interventi e alla necessità di regolare vari settori lasciati in tutto o in parte in balia del libero mercato.

In Italia tale evento coincide con le privatizzazioni degli enti pubblici economici, prima in senso formale, poi in quello sostanziale e con l’adesione ai principi comunitari di libera concorrenza anche nei servizi pubblici.

Tecnicamente autorità indipendente significa amministrazione del tutto staccata da indirizzi politici da parte dell’autorità di governo dello stato.

Probabilmente la prima figura della categoria in Italia è rappresentata dalla CONSOB, seguita dagli anni novanta in poi da numerose altre, l’AGCOM, L’ANAC, l’autorità a tutela della privacy, quella a tutela dell’anti trust.

Manca una disciplina comune per tali pubbliche amministrazioni che sono ciascuna regolata da leggi ad hoc.

Esse, ciascuna nel proprio settore di competenza, sono dotate di svariate funzioni anzi, si può affermare che nel governo del settore accentrano i tre poteri fondamentali, quello normativo sotto forma di regolazione del settore di competenza, quello giurisdizionale, nella risoluzione di controversie tra privati all’interno del settore nell’irrogazione e quello esecutivo delle sanzioni.

A tali competenze se ne aggiungono altre, come quella di relazione ad organi politici e di proposte di interventi normativi nei settori di competenza e, in alcuni casi, la legittimazione alla impugnazione presso il giudice amministrativo di atti ritenuti disdicevoli per il settore di competenza, come nel caso dell’autorità anti trust.

Si discute se le autorità indipendenti siano compatibili con l’assetto costituzionale, soprattutto in relazione alla funzione normativa in quanto non previste dalla Costituzione e sprovviste di ogni legittimazione democratica, anche indiretta.

La tesi che le ritiene ammissibili fa leva sulla considerazione che l’attività normativa è di mera regolazione del settore, senza espressione di alcuna istanza politica di scelta di fini bensì di mera discrezionalità tecnica.

La natura giuridica è certamente di pubblica amministrazione e non giurisdizionale, come pure sostiene una piccola parte della dottrina; infatti il momento decisorio di tali figure è assimilabile ad un arbitrato, inoltre, per il divieto costituzionale di dar vita a giudici speciali, se si ritenesse tale la loro natura sarebbero per questo certamente eversive della Carta Fondamentale.

Ciò detto ed acclarato, ad esse è applicabile tutta la disciplina della legge 241 del 90’ in relazione alla partecipazione procedimentale, anzi quest’ultima è potenziata per quanto riguarda sia la funzione di regolazione che quella sanzionatoria.

Per ciò che concerne il riparto di giurisdizione, l’art. 133 del codice del processo amministrativo prevede la competenza del giudice amministrativo con giurisdizione esclusiva, salvi i casi esclusi e salve diverse disposizioni previste per specifiche autorità, come nel caso dell’autorità per la privacy per i cui atti è prevista la giurisdizione del giudice ordinario.

Questione estremamente controversa è quella concernente i limiti di sindacato del giudice sui provvedimenti emanati dalle autorità, in particolare il problema si è posto per le sanzioni adottate dall’autorità anti trust.

In considerazione del fatto che esse sono emanate con espressione di una discrezionalità tecnica, la giurisprudenza ha ritenuto che siano sindacabili solo i vizi di legittimità, compreso quello di eccesso di potere, e non quelli di merito con il limite di non poter modificare il provvedimento ma solo di annullarlo.

Ciò non di meno il Consiglio di Stato ha precisato che il sindacato è di tipo forte, nel senso che tocca anche i profili relativi alla contestualizzazione dei fatti rispetto alla tutela della libera concorrenza nonché il parametro dei fatti accertati rispetto alla contestualizzazione.

La Suprema Corte ha in un certo senso limitato il concetto espresso dal Consiglio di Stato precisando che su tali aspetti il sindacato di bocciatura del giudice amministrativo non può spingersi oltre la irragionevolezza del provvedimento.

Per quanto riguarda la conformità del sindacato ai principi espressi dalla CEDU, essendo equiparate le sanzioni amministrative a quelle penali, è necessario che il sindacato giurisdizionale sia pieno.

Avv. Luca Sansone


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