Traccia di diritto civile assegnata al corso in preparazione per il prossimo concorso a magistrato 2019 sul tema della comunione legale.
La comunione legale, caratteristiche e disciplina. Corso di preparazione concorso in magistratura.
Qualunque tipologia di organismo giuridicamente rilevante, a prescindere dalla sua soggettività di diritto, necessita di una disciplina finanziaria; è così, ad esempio, per il condominio di cui si dubita della soggettività, è così per la famiglia fondata sul matrimonio ed in maniera diversa, anche per le unioni civili e le convivenze di fatto, figure che hanno ottenuto una ufficiale rilevanza giuridica con la legge n. 76 del 2016.
La disciplina relativa al profilo finanziario della famiglia fondata sul matrimonio trova referenti normativi negli articoli 143 e 147 del c.c. con la scelta del criterio della contribuzione di ciascun coniuge in relazione alla propria capacità patrimoniale. Altro rispetto a tale aspetto sono i regimi patrimoniali della famiglia che si possono definire come dei patrimoni autonomi disciplinati in modo particolare in relazione alla gestione, alla responsabilità per i debiti e all’acquisto dei singoli beni; essi hanno la funzione di rafforzare il patrimonio su cui si basa la famiglia e, a differenza della disciplina relativa alla finanza, possono anche mancare ed essere disvoluti dai coniugi.
Dal 1975 il regime che si instaura ex lege al momento della celebrazione del matrimonio è quello della comunione legale. Il legislatore concede ai coniugi due alternative da esprimere con l’idonea pubblicità o al momento del matrimonio o successivamente: la separazione dei beni che è scelta che disvuole la formazione di un regime patrimoniale o la comunione convenzionale che è regime che si basa sulle regole di gestione del patrimonio e di rispondenza ai debiti della comunione legale, derogandovi in più o in meno per quanto riguarda gli acquisti.
La comunione legale sottende ad una concezione della famiglia conforme ai principi costituzionali e a tutte le evoluzioni sociali e giuridiche che concepiscono la assoluta parità tra i due coniugi e valorizzano il contributo silente ad essa recato dal coniuge (spesso ancora la moglie) che, non percependo reddito, si cura di gestire tutti i bisogni dei componenti della famiglia.
Esso è fondato sul principio che ogni acquisto compiuto dopo il matrimonio entra automaticamente in comunione legale, con l’eccezione dei beni personali previsti dall’articolo 179 del c.c..
L’istituto differisce profondamente dalla comunione ordinaria in primis perché è mera fonte della contitolarità che in teoria potrebbe non trovare attuazione nel caso non si verificasse alcun acquisto da parte di ciascun coniuge e in quanto le quote sono sempre di metà per ciascun coniuge, ma inalienabili in quanto è prevista una disciplina tassativa per i casi di scioglimento dell’intera comunione: si tratta quindi di una figura che assomiglia molto a quella germanica della comunione in mani riunite.
La gestione del patrimonio in comunione può essere compiuta da ognuno dei coniugi per gli atti di ordinaria amministrazione, congiuntamente per quelli di straordinaria amministrazione. In questo ultimo caso se l’atto di straordinaria amministrazione è compiuto da uno solo dei coniugi esso può essere annullato dall’altro.
Per tale ragione è previsto un sistema di doppia pubblicità in grado di mettere in condizione i terzi di sapere che quel bene è in comunione legale: esso si articola in prima battuta sulla mancanza di annotazione a margine dell’atto di matrimonio a norma del comma 4 dell’articolo 162 del c.c. di qualsiasi convenzione derogativa, comunione convenzionale o separazione dei beni; per tanto tutte le trascrizioni successive alla data del matrimonio, anche se a favore di uno solo dei coniugi, vanno intese a favore del patrimonio della comunione legale, con l’eccezione dei beni personali.
Ovviamente questa opponibilità ai terzi ha senso solo per i beni suscettibili di pubblicità, ovvero immobili e mobili registrati; per i beni mobili vale invece il principio espresso dall’articolo 1153 per cui, rispetto ad un abuso di gestione rispetto ai beni mobili della comunione da parte di uno dei coniugi, non scatta l’opponibilità nei confronti dei terzi e residua per l’altro la sola possibilità di domandare la ricostituzione del valore indebitamente disposto.
La natura di patrimonio per destinazione della comunione legale, è segnato dalla disciplina dei debiti della comunione di cui all’articolo 186 del c.c. che secondo una tesi, per quanto minoritaria, giustificherebbe addirittura una soggettività della comunione. A norma dell’articolo 189 secondo comma del c.c., i debiti personali del coniuge richiedono la previa escussione del patrimonio personale del debitore e solo in caso di insufficienza di esso a soddisfare i creditori, consentono a costoro di escutere per la metà del valore i beni in comunione, ma ad essi sono preferiti i creditori chirografari della comunione.
L’articolo 191 del c.c. prevede in modo tassativo le cause di scioglimento della comunione legale, tutte ormai dotate di pubblicità a margine dell’atto di matrimonio, ad eccezione della sentenza di fallimento; ciò è necessario per informare i terzi che, non sussistendo più il regime, da quel momento ogni acquisto da parte di ciascun coniuge entra nel suo patrimonio personale e che da quel momento e fino alla eventuale divisione, i beni in comunione legale entrano nel regime di comunione ordinaria.
Avv. Luca Sansone
Tema sulla comunione legale.
Premesso un inquadramento dell’istituto della comunione legale, ci si soffermi sulla natura della dichiarazione al secondo comma dell’art. 179 del c.c. e alla sua impugnabilità da parte del suo autore.
Schema
- Nozione, è regime patrimoniale ex lege che prevede che tutti gli acquisti compiuti dopo il matrimonio da ognuno dei coniugi, ad eccezione dei beni personali, cadono in questa particolare contitolarità caratterizzata da particolari norme sulla gestione e sulla rispondenza ad alcuni debiti.
- Natura giuridica, si tratta di un patrimonio autonomo e ciò si evince dalla disciplina sui debiti della comunione e quelli personali di ognuno dei coniugi prevista agli articoli 186 e 189 secondo comma.
- Differenze rispetto alla comunione ordinaria, l’essere innanzi tutto mera norma da cui deriva una futura contitolarità e non solo regolativa di essa, il prevedere le quote sempre uguali e inalienabili fino a quando non scatta una delle cause tassative di scioglimento della sua totalità, rientra nello schema della comunione a mani di riunite di stampo germanico.
- Disciplina sulla gestione, atti di ordinaria amministrazione disgiuntivamente, di straordinaria congiuntamente con tutela specifica a favore del coniuge pretermesso che può chiedere l’annullamento dell’atto
- Pubblicità, mancata annotazione a margine dell’atto di matrimonio di convenzioni diverse.
- I beni personali e dichiarazione di cui al secondo comma dell’articolo 179, ovviamente il discorso è dedicato a quei beni suscettibili di pubblicità; a parte quelli di cui alle lettere a) e b)dell’articolo 179 per i quali tale natura è evincibile rispettivamente dalla data di acquisto e dal titolo di acquisto, per gli altri è necessaria, a norma del secondo comma dell’articolo 179 del c.c. la costituzione nell’atto dell’altro coniuge che normalmente compie una dichiarazione relativa all’appartenenza del bene ad una delle categorie descritte dal comma precedente dello stesso articolo.
- Natura della dichiarazione di cui al secondo comma dell’articolo 179 del c.c., si tratta di una dichiarazione di scienza che rientra nella categoria dei meri atti giuridici che riveste una ricognizione che non può avere valore negoziale.
- Impugnabilità, occorre distinguere il caso in cui la dichiarazione sia riferita ad una circostanza già realizzata al momento dell’atto (beni pervenuti a titolo di risarcimento del danno) o coeva ad esso (danaro pervenuto dal trasferimento di beni personali) in cui la dichiarazione ha valore di una confessione stragiudiziale come tale impugnabile solo per errore, violenza o dolo, da quello in cui riguardi una circostanza futura, (la destinazione di immobile ad uso professionale) che è una mera dichiarazione di intenti e può essere impugnata se non si realizza.
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