Traccia e schema di diritto penale sul tema della responsabilità penale dell’incaricato alla riscossione del credito di terzi mediante minaccia e violenza, per il concorso in magistratura 2019.

La riscossione del credito. Corso di preparazione concorso in magistratura.

Esercizio privato delle proprie ragioni, reato di danno contro l’amministrazione della giustizia a tutela del divieto di auto tutela.

Struttura, speciale rispetto ai reati base di violenza e minaccia o complesso in senso lato con limiti di assorbimento dei reati base.

Presupposto, la raffigurazione di un diritto astrattamente esistente (qualunque posizione giuridicamente rilevante) e il conseguimento dello stesso oggetto, la non presenza dei requisiti per la legittima difesa.

Il concorso nel reato di esercizio arbitrario, sussiste se il dolo è quello di far conseguire il diritto al titolare e se si agisce assieme a lui, non se si agisce autonomamente.

Reati ascrivibili, tutti quelli soddisfatti per ottenere il risultato, estorsione in quanto il male minacciato è ingiusto, sequestro di persona, danneggiamento; eventualmente se si tratta della restituzione di un prestito usurario si può concorrere nel reato di usura che ha una struttura di reato di durata come dimostra anche il termine di prescrizione pur non essendolo.

Avv. Luca Sansone 

Cassazione Penale n. 46288/2016

Reati contro l’amministrazione della giustizia – Tutela arbitraria delle proprie ragioni – Esercizio arbitrario delle proprie ragioni (ragion fattasi) – In genere – Pretesa arbitrariamente azionata – Ragionevole convinzione della sua legittimità – Necessità – Coincidenza con l’oggetto della tutela concretamente prevista dalla legge – Necessità

In tema di esercizio arbitrario delle proprie ragioni, ai fini della configurabilità del reato, occorre che l’autore agisca nella ragionevole opinione della legittimità della sua pretesa, ovvero ad autotutela di un suo diritto suscettibile di costituire oggetto di una contestazione giudiziale, anche se detto diritto non sia realmente esistente; tale pretesa, inoltre, deve corrispondere perfettamente all’oggetto della tutela apprestata in concreto dall’ordinamento giuridico, e non mirare ad ottenere un qualsiasi “quid pluris”, atteso che ciò che caratterizza il reato in questione è la sostituzione, operata dall’agente, dello strumento di tutela pubblico con quello privato.


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