Si definisce contratto aleatorio quello nel quale l’elemento causale è caratterizzato dall’alea nel senso che il valore delle attribuzioni patrimoniali che andranno alle parti è legato al caso; di conseguenza esso risulta per definizione sproporzionato e proprio per questa ragione non è compatibile con l’istituto dell’eccessiva onerosità sopravvenuta. Esistono contratti istituzionalmente aleatori, come quello di assicurazione sia sulla vita o sui danni ed altri che invece lo sono per volontà delle parti, come il contratto di compravendita di cosa futura nel quale venga pattuito che il prezzo sia dovuto a prescindere dall’eventualità che la cosa futura non viene in essere. Essendo l’alea l’elemento caratterizzante del momento funzionale, nel caso in cui essa non sia riscontrabile il contratto è nullo. Il legislatore mostra una grande cautela rispetto ai contratti aleatori di gioco e di scommessa, da una parte vietando l’organizzazione del gioco d’azzardo fuori dei casi in cui esso è autorizzato dalla legge e sempre previa emanazione di un provvedimento che riscontri la presenza dei presupposti da quest’ultima richiesti, dall’altra classificando all’articolo 1933 del codice civile l’obbligazione che nasce dal gioco come naturale ex articolo 2034 del codice civile, priva di una  tutela coattiva, rilevante solo nel caso in cui vi sia stato un suo adempimento spontaneo di soggetto capace d’agire, non essendo applicabile in tal caso ad esso l’istituto della ripetizione del pagamento indebito. Per tali ragioni diventa particolarmente fiscale il controllo che il giudice deve operare sui contratti aleatori atipici. In punto di diritto l’articolo 1322 non sembra porre preclusioni alla possibilità che l’autonomia negoziale dia vita a contratti aleatori atipici: condizione imprescindibile per la loro meritevolezza sta nel fatto che l’alea gravi su entrambe le parti. Campo di applicazione dei contratti aleatori atipici è quello dei contratti speculativi sugli strumenti finanziari derivati, che danno vita a vere e proprie scommesse legate all’andamento degli strumenti finanziari o agli indici delle valute. Essi vanno considerati come atipici in quanto sono solo nominati nella loro genericità all’interno del T.u.f. senza che ne siano descritte le strutture.  Rispetto ad essi si è posto il problema della applicabilità dell’articolo 1933 del codice civile; esso è stato risolto con l’intervento del legislatore con la legge numero 1/1993 con la quale si esclude l’applicabilità dell’articolo 1933 a questi contrattiUno dei più importanti di queste figure, lo swap, è stato utilizzato dalle banche in collegamento con i contratti di mutuo a tasso variabile. Questi ultimi risultano estremamente rischiosi per il cliente in quanto, nel caso di aumento del tasso di interesse legale, cresce automaticamente il tasso d’interesse da corrispondere all’istituto bancario. Per attenuare tale rischio è stato proposto ai clienti di stipulare in collegamento col mutuo un contratto di swap legato all’andamento del tasso legale nel senso che, ove questo cresca oltre il limite dell’interesse inizialmente pattuito per il mutuo, al cliente non viene applicato il più alto tasso; per converso nel caso in cui il tasso scenda oltre un certo limite, egli dovrà pagare interessi non inferiori ad esso. La giurisprudenza, tenendo conto del collegamento negoziale tra il contratto di mutuo e quello di swap, ha ritenuto l’operazione non meritevole di tutela in quanto tale meccanismo atipico nella globalità della operazione, pone l’alea solo in capo al cliente in quanto la banca percepisce comunque gli interessi previsti dal contratto di mutuo. Trattandosi di un contratto atipico aleatorio con alea in capo ad una sola delle parti, esso va considerato nullo per mancanza di causa meritevole.

Avv. Luca Sansone