Annosa questione è quella relativa alla giurisdizione in tema di diritti fondamentali di stampo costituzionale. La questione è legata a quella concernente le regole di riparto tra giudice ordinario ed amministrativo. Quest’ultima è stata ormai risolta, dopo anni nei quali si sono succedute varie teorie, con la sentenza della Suprema Corte che ha dato vita alla figura della carenza di potere creando la dicotomia tra la patologia del cattivo uso di un potere esistente e quella della mancanza del potere: nel primo caso, esistendo la potestà, l’atto amministrativo è in grado di produrre l’effetto della degradazione del diritto soggettivo in interesse legittimo e, pertanto, la giurisdizione appartiene al giudice amministrativo; nel secondo, che si manifesta nelle due sotto figure dello straripamento di potere allorché manchi del tutto una norma attributiva del potere amministrativo e della incompetenza assoluta ove la legge abbia attribuito la cura dell’interesse pubblico ad una diversa pubblica amministrazione, mancando il potere è impossibile l’effetto di degradazione per cui l’atto risulta lesivo del diritto soggettivo con conseguente competenza del giudice ordinario.Ciò premesso, per quanto riguarda i diritti fondamentali che trovano referente nella Carta Costituzionale, si è sviluppata una prima tesi secondo la quale, visto il rango gerarchico di tali posizioni, sarebbe inammissibile una loro compressione per tramite di un atto amministrativo; pertanto nel caso di una loro violazione la competenza sarebbe del giudice ordinario senza neanche i limiti previsti dall’articolo 4 della legge abolitrice del vecchio contenzioso amministrativo e con la possibilità, quindi, che quest’ultimo condanni la pubblica amministrazione ad un facere di diritto pubblico idoneo a cancellare gli effetti della lesione al diritto soggettivo. A tale posizione ne è seguita un’altra che è partita dalla considerazione dell’esistenza di altri diritti costituzionali il cui bilanciamento con quelli fondamentali va lasciato al legislatore con l’unico limite del rispetto della ragionevolezza: se quest’ultimo dota la pubblica amministrazione di poteri discrezionali essa legittimamente può degradare di tali diritti con conseguente giurisdizione del giudice amministrativo. Tale tesi è corroborata dal fatto che ormai, dopo la famosa sentenza della Suprema Corte n. 500 del 99’, è possibile per il privato ottenere la tutela risarcitoria anche in caso di lesione di interesse legittimo.Per quanto riguarda il diritto alla salute, si contendono il campo la tesi dell’assoluta incomprimibilità e quella della incomprimibilità relativa secondo la quale solo le situazioni oppositive sarebbero intangibili, mentre le pretensive lo sarebbero solo in caso di pericolo di morte o di gravi sofferenze. Recentemente si è posto il problema in relazione alla tutela antidiscriminatoria a favore dello straniero; referente normativo è rappresentato dal d. legsl. n. 286/ 98’ che prevede la giurisdizione del giudice ordinario in relazione a qualsiasi fatto, atto privato o pubblico anti discriminatorio con poteri ordinatori e di rimozione rispetto alla fonte del danno. La questione ha trovato pratica applicazione rispetto ad un bando di concorso nel quale era preclusa la partecipazione a chi non fosse in possesso della cittadinanza italiana. Nel definire il ricorso proposto avverso il provvedimento con cui il giudice civile adito ordinava all’amministrazione di ammettere alla procedura di dipendenti extracomunitari già assunti, la Corte di Cassazione, in sede di regolamento di giurisdizione, ha affermato che la lesione lamentata attiene a diritti assoluti derivanti dal fondamentale principio costituzionale di parità e ha quindi concluso sostenendo che qualsiasi tipo di violazione di tale tipologia di diritto va qualificata come “fatto illecito”.
Avv. Luca Sansone