Disciplina e caso pratico riguardo la garanzia per evizione.
La garanzia per evizione
Nozione di evizione: perdita del diritto acquistato con la compravendita in virtù di un diritto di un terzo rispetto a quest’ultima preesistente.
Referenti normativi: articoli dal 1479 al 1489 c.c..
Fatti fonte di evizione: l’essere la cosa venduta come propria, altrui; l’escussione da parte di un creditore che vantava sulla cosa diritti reali di garanzia; l’essere la cosa gravata da altrui diritti di godimento reali o personali o da oneri.
In particolare, vendita di cosa altrui, art. 1479 si caratterizza per il fatto che l’altruità della cosa è sconosciuta all’acquirente al momento del contratto che è per tanto ad efficacia reale e in ciò si differenzia dalla fattispecie descritta all’articolo precedente nella quale il venditore si impegna a far acquistare al compratore la cosa altrui e che si inserisce nella categoria della vendita obbligatoria.
Buona fede del compratore, è concetto un po’ diverso da quello generico di ignoranza in quanto coincide con il fatto stesso di presentare la vendita come di cosa propria da parte del venditore. Pertanto è irrilevante l’eventuale negligenza da parte dell’acquirente nel non essersi accorto della situazione.
Ambito: vi rientrano anche tutte le fattispecie nelle quali viene demolito il titolo con il quale l’alienante era divenuto titolare del diritto, con i rispettivi limiti di opponibilità: nullità se la relativa domanda è trascritta entro cinque anni dalla stipula, annullamento per incapacità alle stesse condizioni (art.2653 n 6) risoluzione rescissione e annullamento dovuto ad altre cause se però la trascrizione della domanda è anteriore a quella del contratto de quo.
Si ritiene che vi rientri anche il vittorioso esperimento di un’azione di riduzione se il titolo di provenienza dell’alienante sia una donazione che dopo la morte del donante si rilevi lesiva per un legittimario.
Unitarietà della tutela apprestata dal legislatore: risoluzione del contratto con intera disciplina regolata all’articolo 1479; essa è utilizzabile in tutti i tipi di evizione ma, mentre in quella che dipende dalla altruità della cosa è esperibile senza condizioni, in quella che trova fonte nel pericolo di escussione per vincolo reale del terzo, può essere attuata solo dopo la richiesta al giudice di fissazione di un termine entro il quale si dà al venditore la possibilità di far estinguere tale garanzia.
La ragione di tale differenza è evidente: nel secondo caso la cosa non è altrui e la evizione è solo eventuale: si tratta, quindi, di un mero pericolo che cessa definitivamente ove l’alienante riesca a scongiurarlo nel termine assegnatogli riuscendo ad ottenere (adempiendo o in qualsiasi altro modo) l’estinzione della garanzia o la cancellazione del pignoramento o del sequestro.
il 1481 e il 1482 primo comma rappresentano una specifica forma di autotutela che ricorda molto quella prevista in tema di risoluzione all’art. 1460 ma se ne distaccano in quanto qui c’è solo un pericolo di inadempimento;
Art. 1485 ,1486, 1487 condizioni per non perdere la garanzia, possibilità per il venditore di ridurne l’ambito, ammissibilità di una sua esclusione, limiti: di immediata comprensibilità appare la ratio della sanzione per il titolare della garanzia della sua perdita in caso di omessa chiamata in giudizio del venditore nonché la sequenza dei rispettivi oneri probatori: l’alienante non può limitarsi ad addurre la omessa chiamata in causa ma dovrà dar prova piena che senza tale omissione l’evizione sarebbe stata evitata.
Tale prova dovrà essere assai precisa e in particolare dovrà avere ad oggetto non solo il fatto che avrebbe bloccato l’evizione ma anche e soprattutto la possibilità di provarlo. Spetterà poi al giudice stabilirne la verosimiglianza.
L’ambito della garanzia e l’esistenza della stessa sono ampiamente disponibili dalla volontà delle parti: si può escluderla, ad esempio solo in relazione ad alcune ipotesi (evizione parziale o qualitativa), o la si può limitare in relazione al quantum (esclusione della corresponsione delle spese necessarie e utili di cui all’ultimo comma dell’art. 1479), oppure ne si può accrescere la portata (risoluzione immediata alla scoperta della presenza di un’ipoteca invece della procedura descritta all’art. 1482).
E’ ammessa anche l’esclusione della garanzia ma essa è invalida se l’evizione è dovuta a fatto del venditore che deve intendersi come doloso o affetto da colpa grave e che è una specificazione del divieto contenuto all’art 1229.
Per l’evizione solo parziale (art. 1480) e per quella c.d. qualitativa e temporanea (art. 1489) all’applicazione della disciplina descritta che consente all’acquirente di ottenere la risoluzione, è data l’alternativa di una riduzione del prezzo;
Garanzie per evizione, caso pratico:
Tizio stipula con Caio un preliminare di vendita di un appartamento. Tizio ha ricevuto il bene da Sempronio per donazione.
Nelle more del tempo che intercorre tra preliminare e definitivo, Sempronio muore e la moglie di lui Procula esperisce azione di riduzione nei confronti di Tizio.
Essendo venuto a conoscenza di ciò, Caio si rifiuta di stipulare il definitivo e, convenuto da Tizio per azione ex art. 2932, risponde in riconvenzione che chiede la risoluzione del preliminare e la restituzione del doppio della caparra che aveva versato.
Punti da trattare
Se sia ammissibile o meno l’applicazione della tutela relativa alla garanzia per evizione a fattispecie che non hanno ancora prodotto l’effetto reale, come nel caso del preliminare.
Se si possa affermare che nel caso di specie ricorresse il presupposto di cui al secondo comma dell’art. 1481, ossia l’ignoranza del pericolo, visto che, sapendo della provenienza, è noto che solo con la morte del de cuius si può esser certi della assenza di una lesione di legittima.
A tutta prima sembrerebbe inapplicabile al caso pratico la garanzia per l’evizione perché essa presuppone la perdita della proprietà che con il preliminare non è ancora trasferita al compratore.
Se invece si aderisse all’isolata tesi che ritiene che il preliminare abbia efficacia traslativa e che il definitivo non sia che una mera riproduzione formale dei consensi nulla osterebbe ad ammetterne una applicazione a questa fattispecie.
Ma a ben vedere, anche aderendo alla impostazione che ritiene che solo col definitivo si produca l’effetto traslativo, si può giungere ad analoghi risultati: se si parte dalla ratio cautelare dell’istituto, non c’è dubbio che si possa estenderne l’applicazione al preliminare analogicamente.
Ma il problema si pone in relazione all’art. 1481 che richiede che il pericolo sia sconosciuto al compratore: può sostenersi che l’acquirente, una volta conosciuta la provenienza ex donazione del bene acquistato, ignori la possibilità che un giorno potrebbe subire gli effetti di un’azione di riduzione?
La risposta non può che essere giuridicamente negativa. Infatti la lesione di legittima è valutabile solo alla morte del donante e dipende dalla consistenza del suo attivo patrimoniale relictum che non può che accertarsi al momento della sua morte. Né tantomeno tale incertezza può venir meno se al momento del contratto il donante non ha legittimari: anche questi potrebbero sopravvenire con un futuro matrimonio o con un’adozione.
Per tanto chi acquista un bene la cui provenienza è a titolo di donazione per ciò stesso non può ignorare il rischio di una futura evizione.
Ma detto ciò, si può dubitare che in concreto un contraente non addetto ai lavori si rappresenti questa situazione e siccome la legge parla di pericolo noto al compratore, si può escludere che la mera potenzialità di conoscere il pericolo sia equiparabile alla sua effettiva conoscenza.
Se si accetta tale tesi, in relazione al caso pratico l’acquirente convenuto in giudizio ex art 2932 potrà rispondere in riconvenzionale chiedendo la risoluzione del contratto con la conseguente applicazione della disciplina prevista all’art.1479.
Avv. Luca Sansone
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