L’articolo 114 comma quattro lettera e) del c.p.a. consente al giudice dell’ottemperanza, in caso di ritardo della p.a. nell’esecuzione del giudicato, di irrogare nei suoi confronti penalità di mora. Tale istituto, nuovo per il nostro ordinamento, trova numerosi riscontri in altri ordinamenti europei e sembra essere regolato in maniera molto simile a quanto accade in Francia. Esso segue cronologicamente quello immesso nel codice di procedura all’articolo 614 bis con la differenza, rispetto a questa normativa, che sembra avere portata generale e viene applicato dal giudice dell’esecuzione a violazione del giudicato già avvenuta. Ci si chiede se esso possa riguardare anche il caso in cui l’inottemperanza del giudicato abbia ad oggetto una prestazione in danaro da parte della p.a. Secondo alcuni è preferibile l’opinione negativa in quanto le obbligazioni pecuniarie sono già dotate, in caso di inadempimento, della tutela degli interessi moratori per cui l’applicazione della penalità di mora costituirebbe una incongrua duplicazione. A tale opinione si è ribattuto che la funzione dell’istituto è di tipo sanzionatorio ed in ciò si distingue da qualsiasi altro strumento ripristinato. Inoltre l’istituto in commento si applica anche rispetto agli obblighi infungibili, come previsto all’articolo 112 terzo comma del c.p.a.. L’adunanza plenaria del C.d.s. ha privilegiato quest’ultima tesi motivandola con l’argomento letterale relativo all’inesistenza nella struttura della norma di alcuna limitazione, alla natura sanzionatoria dell’istituto, al mancato richiamo all’articolo 614 bis del c.p.c., che invece prevede un ambito limitato di applicazione e al fatto che l’inadempimento della p.a. è evento grave che giustifica misure più drastiche. A tutela dell’interesse pubblico l’articolo in commento consente la non applicabilità nel caso in cui essa risultasse iniqua o per altre ragioni ostative.

Avv. Luca Sansone